“Mi chiamo Jas Gawronski, vorrei fare il giornalista, ma non so come e dove dare il primo colpo di manovella”. Fu con queste parole che, nella primavera del 1957, l’Autore di questo libro si presentò a Enzo Bettiza, al Cafè Mozart di Vienna, dopo aver sollecitato per telefono l’incontro.
Bettiza, nella prefazione, scrive che senza sospettare minimamente che lo sconosciuto – dal ridondante nome polacco – fosse anche, per vena materna, nipote di Alfredo Frassati, il mitico fondatore della “Stampa”, per la quale lavorava appena da qualche mese, assunse l’aria del professionista navigato e gli disse: “Se sei in parte polacco, se te la cavi con l’italiano, non vedo davanti a te che una sola strada: andare diritto a Varsavia e cominciare subito a scrivere, per qualche giornale anche minore”. Iniziò così una carriera folgorante che, dalla Polonia, lo avrebbe portato in ogni parte del mondo, alternando la macchina per scrivere con la cinepresa.
Ma il suo maggior successo è stata la duplice intervista, una in polacco e l’altra in italiano, qui proposta per la prima volta nella sua interezza, a Karol Wojtyla, il “Papa dell’Est che ha cambiato il mondo”.
Nell’introduzione, Gawronski precisa che, come alcuni pittori prediligono il ritratto e altri il paesaggio, ci sono due categorie di giornalisti: quelli che si dedicano ai personaggi e quelli che sono più interessati a descrivere i fatti. E aggiunge: “Faccio parte del primo gruppo; in fondo sono gli individui che determinano gli avvenimenti, e ricercare ed esplorare i protagonisti della storia è un po’ come andare alla fonte delle vicende umane, piuttosto che analizzarne l’evoluzione. Per cui quella che tenete in mano è una raccolta soprattutto di interviste, ritratti di uomini e donne che hanno fatto la storia, di Paesi che hanno fatto girare il mondo in un verso piuttosto che in un altro. O di personaggi protagonisti di pochi attimi a volte decisivi, a volte solo in grado di dare un sapore particolare, per un certo periodo, alla vita delle genti: uomini e cose che, visti da vicini, offrono molte sorprese rispetto alle grandi cronache di cui sono stati protagonisti”.
Nella memoria di Gawronski non ci sono i più importanti e i meno significativi (“Ognuno vale quanto gli altri”). Come i due fratelli Kennedy, Bob e Teddy, intervistati un anno dopo l’assassinio di John. “Ted - ricorda Gawronski - mi parlò soprattutto del coraggio del defunto presidente come di un elemento determinante del suo carattere. Bob ammirava il fratello maggiore perché mi disse che propose con la sua figura una frontiera ideale e fece sentire la gente di nuovo giovane”. O come Primo Carnera, incontrato nella sua casa di Los Angeles, quando il suo fisico mostrava già i segni della malattia che lo avrebbe portato alla sua fine. Questo è il ricordo: “Aveva una strana, per lui insolita, fretta di parlare e mi raccontò l’infanzia, poverissima, nel Friuli, quindi la ricerca di un lavoro in Francia, prima come falegname poi come fenomeno da circo, infine l’America e la grande boxe, gli incontri con il lituano Sharkey e Max Schmeling, che lo umiliò sul ring ma, divenuto soldato tedesco, lo salvò dalla deportazione”.
Nel libro, oltre alla duplice intervista a Giovanni Paolo II, sono riportate quelle a Fidel Castro, Malcom X, Gyorgy Lukàcs, Giovanni Agnelli, insieme ad altre storie.
Jas Gawronski ha iniziato a scrivere per “Il Giorno”. È stato corrispondente Rai da New York, Parigi, Mosca e Varsavia. Articolista su quotidiani italiani e stranieri, è Autore di vari libri.