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I giornalisti Eroi della Grande Guerra e la storia della lapide che li ricorda (Seconda parte)

17/03/2015
Nell'elenco riportato nell'Annuario della Stampa Italiana del 1933-1934 figurano, tuttavia, numerosi errori sia nei cognomi che nei nomi e nelle testate e manca solo il nome di Carlo Ridella, ex Direttore de "La Provincia Pavese", 83esimo giornalista caduto in guerra e pluridecorato il cui nome è stato, infatti, non a caso scolpito proprio in fondo al centro sulla lapide (probabilmente vi fu quindi aggiunto in un secondo tempo). Da allora la lapide rimase esposta per circa 35 anni a Palazzo Marignoli.
 
Poi l'Associazione Stampa Romana si trasferì, prima in piazza San Lorenzo in Lucina (stesso stabile dove aveva il suo ufficio privato l'ex Premier Giulio Andreotti) e da qui - intorno al 1979 (durante la presidenza di Ettore Della Riccia, già Presidente dell'INPGI) - negli attuali locali di proprietà INPGI nell'adiacente piazza della Torretta 36.
 
Evidentemente durante il trasloco di sede da palazzo Marignoli non si trovò posto per ricollocare la lapide che finì così in un grande scantinato che si era appena liberato in un complesso INPGI a sud di Roma in via dei Lincei 123 (nei pressi della via Cristoforo Colombo) insieme a molti arredi, mobili, libri, enciclopedie ed incartamenti vari. Ed é qui che é stata ritrovata nel maggio 2011 dall'allora Presidente della Commissione Assegnazione Alloggi e Affitto Immobili INPGI Massimo Signoretti e dal Dirigente del Servizio Immobiliare INPGI - settore tecnico - ing. Francesco Imbimbo.
 
In circa 4 anni di fruttuose anche se faticose ricerche, grazie anche alla collaborazione con l'Emeroteca Tucci di Napoli, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, l'Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al valor militare, l'Archivio di Stato di Bologna - Ufficio per le notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare, gli Archivi di Stato di molte città italiane, la Direzione Generale della Previdenza Militare, della Leva e del Collocamento del Lavoro dei Volontari Congedati, il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti in Guerra del Ministero della Difesa, e le Associazioni storico-culturali "Fronte del Piave", "Cime e trincee" e "Pietre della memoria", nonché di storici e soprattutto di tanti appassionati si é riusciti non solo a ricostruire la biografia essenziale di 82 degli 83 giornalisti Eroi, ma ad individuarne persino altri 67 che erano rimasti finora nel dimenticatoio (tra i quali Giulio Bechi, Umberto Boccioni, Filippo Corridoni, Vittorio Locchi, Carlo Stuparich, Eugenio Vajna de Pava e Giacomo Venezian). Pertanto il totale dei colleghi caduti nella Grande Guerra é diventato oggi di 150.
 
Molto utile si è anche rivelato il raffronto con la lapide collocata a Livorno a ricordo dei giornalisti e tipografi del “Corriere di Livorno” caduti nella Grande Guerra. E' esposta in piazza Manin 1, prospiciente gli Scali Manzoni, a circa 3 metri da terra sulla facciata dello stabile di 2 piani ricostruito nel luogo dove aveva sede la gloriosa testata toscana da tempo non più in edicola. Vi fu ricollocata dopo i bombardamenti che colpirono la città labronica nella 2^ Guerra Mondiale.
 
Incredibile, ad esempio, é stata la sorte toccata a due colleghi del giornale toscano: il modenese Garibaldi Franceschi e a Ratcliff Crudeli. Il secondo era nato a Livorno appena 5 giorni dopo Franceschi. Sono morti al fronte a Castagnevizza il 23 maggio 1917, entrambi 19enni, nello stesso luogo e nello stesso giorno a poche ore e a pochi metri di distanza tra loro. Il corpo di Crudeli non fu più trovato. Franceschi ottenne la medaglia d'oro al valor militare alla memoria e fu immortalato in un disegno a colori di Achille Beltrame pubblicato in 1^ pagina sulla copertina della "Domenica del Corriere" Anno XIX n. 38 del 23-30 settembre 1917 - con questa didascalia: “L’aspirante Franceschi si era promesso di piantare, lui primo, un tricolore sulle rovine di Castagnevizza. Condotto impavidamente il suo plotone alla conquista della posizione, benché due volte ferito, tentava di inalberare il segno della vittoria, quando una scarica lo rovesciò, morto sul tricolore.”
 
Solo di Vittor. (forse Vittorio o Vittorugo) Caggiano de "Il Commercio" non si sa ancora praticamente nulla. Mentre del giornalista toscano Ettore Cantagalli Del Rosso del "Corriere di Livorno" (il suo nome è scolpito sia sulla lapide di Roma, sia su quella esposta nella città labronica), già sottotenente dei bersaglieri che il 22 ottobre 1918 attraversò a nuoto 4 volte il Piave per salvare sull'isola Vittoria un ufficiale pilota britannico caduto con il suo aereo e che per questo gesto eroico fu decorato con la medaglia di bronzo e la Croce inglese, si é appreso solo ora che non morì durante la Grande Guerra, ma solo 9 anni dopo durante il fascismo nella Guerra di riconquista coloniale della Cirenaica.
 
All’età di 30 anni fu, infatti, trucidato il 28 marzo 1927 assieme ad altri 309 soldati dei 756 che componevano il 7° Battaglione Libico nella disastrosa battaglia di Er-Raheiba dai Mujahideen guidati dall'anziano condottiero dei ”Briganti Libici”, il religioso e guerrigliero Omar al-Mukhtar ("il leone del deserto"), che guidò la resistenza anticoloniale contro gli italiani (in Libia è considerato un eroe nazionale). La battaglia fu rievocata nel 1981 nel noto film ”Il leone del deserto”.
 
Sono stati individuati i dati anagrafici salienti (luogo e data di nascita, paternità - e in molti casi anche la maternità - distretto militare, ruolo svolto in guerra, data e luogo dell’eroica morte, motivazione delle decorazioni ottenute per il valore dimostrato sul campo, testate giornalistiche per le quali lavoravano in redazione o erano collaboratori, eventuali iscrizioni al sindacato dei giornalisti, nonché loro opere letterarie, testamenti, commoventi lettere inviate ai familiari pochi giorni prima di morire al fronte, scritti, foto, busti, lapidi ed ogni altro interessante riferimento alla loro pur breve vita). (2- segue)