Nel Rapporto CENSIS 2015, sulla situazione sociale del Paese, l’analisi sui media e la comunicazione. L’affermazione di blogger e influencer. La crisi dell’editoria cartacea.
I più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase di ripresa che stiamo attraversando sono al centro del 49° Rapporto CENSIS (FrancoAngeli, 2015). Le Considerazioni generali sottolineano come la società stia seguendo uno sviluppo fatto sulla sua storia di lungo periodo, sulla capacità inventiva, sulla naturalezza dei processi oggi vincenti: un impasto che connota il “resto” che non entra nella cronaca e nel dibattito socio-politico, e non accede al proscenio della visibilità mediatica, ma anima il “racconto” reale del Paese.
Nella seconda parte, La società italiana al 2015, sono affrontati i temi di maggiore interesse, emersi nel corso dell’anno, descrivendo una società sconnessa a bassa autopropulsione, ma anche i punti di ripartenza (e trasformazione) velleitaria.
Nella terza e quarta parte, sono presentate le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, la sicurezza e la cittadinanza, i media e la comunicazione.
Per quanto concerne quest’ultima parte, è evidenziato che da tempo il sistema dei media ha realizzato una rivoluzione copernicana. Il modello basato sulle emittenti radiotelevisive generaliste e sui mezzi a stampa mainstream non costituisce più il centro dell’universo della comunicazione. Tutto ormai ruota intorno a internet e alla digitalizzazione dei contenuti. Sia i vecchi che i nuovi media cambiano pelle, mettendo in moto un processo di trasformazione radicale. In Italia gli effetti di questi eventi sono stati avvertiti più lentamente rispetto ad altri Paesi. La crisi è arrivata con un leggero ritardo e la diffusione dei media digitali è risultata meno rapida che altrove. Eppure anche da noi si sono verificate alcune trasformazioni fondamentali, di cui ora si può cominciare a tirare un bilancio.
Che cosa sappiamo della emergente economia della disintermediazione digitale?
Sappiamo che i new media hanno modificato in profondità abitudini e comportamenti degli utenti, traghettandoci nell’era biomediatica, in cui il soggetto si ritrova al centro del sistema dei mass media con un livello di discrezionalità nelle scelte individuali senza precedenti.
Viviamo in un contesto caratterizzato dall’impiego diffuso di tecnologie digitali che influenzano in modo inedito i modi attraverso i quali definiamo l’insieme dei nostri rapporti personali, sociali, economici. Continuiamo a definire “virtuale” questo tipo di realtà, senza accorgerci di come questo termine renda poco conto della nostra condizione. Perché lo studio e il lavoro, l’informazione e il divertimento, gli acquisti e l’accesso a determinati servizi, la cura della salute e del bene comune sono reali, anche quando passano attraverso segnali digitali ed entrano nel campo di azione diretta del soggetto, attraverso i meccanismi di disintermediazione consentiti dai media digitali.
Le nuove tecnologie, dunque, non sono più semplicemente media nell’accezione tradizionale, perché operano al di fuori del semplice scambio di messaggi: non sono più solo mezzi di comunicazione, visto che i media digitali non si limitano a descrivere quello che accade nel mondo, ma permettono di compiere vere e proprie azioni.
Il salto di qualità avvenuto in questi anni sta nel fatto che si usa internet sempre di più per comporre la propria dieta informativa (attraverso giornali online, tv e radio sul web, blog e social network, aggregatori di notizie), per guardare film o seguire partite di calcio, per ascoltare la musica, per acquistare beni o servizi, per prenotare viaggi e vacanze, per svolgere operazioni bancarie o entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche. Così, tendenzialmente viene meno la mediazione tra il fornitore dei servizi e l’utente finale, visto che, per esempio, non è più necessario recarsi in una agenzia turistica per prenotare un viaggio.
Sappiamo anche che, grazie all’effetto propulsivo delle innovazioni tecnologiche, i vecchi media si stanno modificando in una prospettiva di convergenza dei contenuti sulle diverse piattaforme digitali.
L’affermazione di blogger e influencer. L’avanzare dei network ha comportato l’affermazione di blogger e influencer – spesso coinvolti in una agguerrita concorrenza quotidiana per conquistare fette o spicchi di audience – che rappresentano un’ulteriore aggiunta a un’offerta che la rete rende di fatto inesauribile. Una volta si diceva “L’hanno detto in tv!” ed era una patente di credibilità assoluta, come dire che l’aveva detto chi non sbagliava mai e incarnava il valore dell’autenticità. Ma oggi non è più così. Si pone, con ciò, la seria questione dell’affidabilità delle fonti e dei diversi media stessi.
Ne deriva, per le organizzazioni (pubbliche e private) che essere credibili e avere una buona reputazione sono due facce della stessa medaglia.
Tuttavia, spesso la credibilità va rintracciata nell’induzione di un bisogno. Ne è la dimostrazione il successo di internet e di tutte le sue applicazioni: social network, giornali online, siti web di news, blog assicurano una copertura accessibile 24 ore 24 di tutta l’informazione in circolazione. La corrispondenza con le nuove esigenze degli utenti e una dimostrata efficienza hanno determinato l’aumento dei seguaci e la crescita della stima da parte degli utenti.
Il monitoraggio dell’editoria. Le note dolenti sono tutte nella crisi dell’editoria cartacea, alla quale si aggiungono le difficoltà della tv generalista. Il calo di interesse per i programmi mainstream si registrava già da alcuni anni, ma ora ha colpito anche le news, per effetto dell’offerta proveniente da internet e dalla relativa influenza sui comportamenti dei consumatori. Si conferma la traiettoria di crescita dell’universo digitale, con siti dei quotidiani online che vedono aumentare mese dopo mese il numero dei loro utenti, mentre perdono lettori sulla carta, e si conferma anche l’incremento delle pubblicazioni in formato e-book.
I dati sulla diffusione dei principali quotidiani delinea un quadro a tinte fosche per il settore della carta stampata: la diffusione complessiva ha registrato un -11,2%, passando da 3.732.805 copie complessive del 2013 a 3.307.126 nel 2014.