Va bene, ne abbiamo preso atto. I social arrivano dovunque: e cambiano le nostre abitudini. Anche in quei canali dell’informazione - quotidiani online, radio e le televisioni - fino a poco tempo fa ritenuti all'avanguardia in agilità informativa tra i media tradizionali.
Tradizionali ma anche flessibili. Pronti a saltare su una notizia con una breaking news durante un programma. Oppure nel mezzo di un notiziario quando il conduttore, cambiando la scaletta, avverte: "Scusate, una notizia appena battuta dalle agenzie: a Gerusalemme c’è stato un attentato, pare che ci siano diverse vittime...”
Lo stesso quando esce il flash di un importante arresto o di un forte terremoto. Notizie che provengono dalle agenzie, dai corrispondenti o da un inviato se l’avvenimento in una certa misura era già stato previsto. Fonti quindi attendibili e quasi rassicuranti
Ora però con i social lo schema cambia. Per esempio un tweet, lanciato da uno sconosciuto, può annunciare l’improvvisa morte di un cantante o di un attore, magari molto famoso. Darla o non darla la notizia? E se non è vera? Poi cosa racconti ai suoi familiari e agli ascoltatori? Che era uno scherzo? Dove finisce l’affidabilità di una emittente?
Di questi argomenti, e di come nelle radio e nelle tv i social abbiano cambiato il nostro lavoro, parliamo con una collega, Marta Cagnola, che ha una lunga esperienza in questo campo. A Radio 24, la radio del Sole 24 ore, Marta conduce anche una trasmissione, “Il sabato del villaggio” che è un laboratorio di questo nuova frontiera informativa. Una frontiera dove i social non si possono ignorare. E così?
“Si, è così. Inutile negarlo. Con l'arrivo dei social il mio lavoro è molto cambiato. In particolare nella ricerca della notizia. Perché se è vero che spesso i social sono una fonte preziosa, è anche vero che sono una fonte difficile da utilizzare. Ci vuole saggezza ed esperienza. Bisogna saper far filtro. Capire chi è attendibile e interessante e chi invece ti porta fuori strada”
Come ti comporti con gli ascoltatori?
“Questo è il punto. Con loro tutto è cambiato. Una volta c'erano le lettere al direttore... o ai giornalisti famosi. Adesso gli ascoltatori rispondono in tempo reale, un ping pong che ti può condizionare”
Perché?
“Ma perché in rete viaggiano soprattutto le cattiverie... Diciamolo: è' più facile che qualcuno ti scriva per dirti che non gli sei piaciuto piuttosto che per farti un complimento... Quindi anche emotivamente deve saper mantenere un certo equilibrio. E’ come quando si intervista qualcuno per la strada, mai cedergli il microfono in mano. Poi non te lo restituisce più e continua a parlare...”
Altri cambiamenti?
“ E’ cambiato, e forse questo è il futuro, il Personal branding, cioè il diventare un marchio personale in rete. In un certo senso cresce ancor di più la figura del giornalista che, con la propria personalità in rete, diventa un marchio come la sua testata...”
Bene: più responsabilità, più onori...
“Responsabilità di sicuro.... ma bisogna essere lucidi. Non farsi abbattere dalle critiche o esaltare dai complimenti. All’inizio, nell’ entusiasmo della nascita dei social era più facile farsi trascinare, adesso l’esperienza aiuta...”
Come lavori in diretta?
“In diretta per me è indispensabile dare il mio account di twitter e l’hashtag della trasmissione. Col tempo aumentano i tweet e diminuiscono gli sms. Ormai tutti hanno lo Smartphone....”
Non c'è il rischio che qualcuno ti giri una notizia che poi ti fa andare per la tangente...
“Questo è un altro punto importante . Cioè di quanto sia cambiato il nostro rapporto con le fonti. Twitter è quasi un’agenzia parallela. Ma ci vuole tempo ed esperienza per costruire una nostra rete di contatti, la cosiddetta timeline: bisogna capire quali sono quelli affidabili, sia quelli degli organi di stampa sia quelli dei politici, che ormai, è quasi una mania, stanno sempre più su Twitter”.
Altri suggerimenti...?
“Per chi come me si occupa di spettacoli, sono importanti gli account ufficiali degli artisti. Ecco, quando una notizia arriva da questi canali, va sempre valutata bene. Come dovrebbe essere valutata bene – e uso colpevolmente il condizionale perché non sempre accade - una normale agenzia. Il vantaggio è che se i canali sono affidabili, la notizia arriva prima. Proprio perchè le stesse fonti usano i social per girarti in anticipo le novità. Prima, intendo, dei soliti percorsi informativi...”
Altri rischi?
“Quello di essere usati per far pubblicità e promozione. Nello spettacolo si usa tantissimo Instagram dove si vede la celebrità che si fa un selfie o che invia una foto per lanciare un programma e veicolare una notizia.
Ma attenzione che così si rischia di veicolare pubblicità. Anche questo è uno scoglio da superare: bisogna capire i confini tra notizia e promozione, tra sostanza e panna montata. Resta sempre importante il tradizionale Facebook. L’esempio è quello di Gianni Morandi che ha costruito una nuova carriera grazie ai suoi video e alle sue foto...”
Senti, solita questione: i vecchi colleghi, quelli non nati digitali, come se la cavano con i social?
“Direi bene... Almeno negli spettacoli e nel cinema. Sono tutti molto aggiornati, e non solo i più giovani. Il nostro forse è un ambiente particolare, diciamo di vetrina, quindi anche i colleghi più maturi sono molto attivi sui social. Hanno imparato in fretta, insomma... Ma la perplessità è un'altra...”
Quale?
“Quella di bruciarti le notizie. Mi spiego: se segui una presentazione di un film o magari il festival di Sanremo, e hai una notizia interessante, cosa fai? La anticipi sui social? Bruci cioè quello che racconterai sulla tua testata? Ecco questo è un problema...
Beh, intanto la notizia l’hai data...
Sì, ma su Twitter. Così anche le altre testate lo vengono a sapere. Il problema è che comunque sei costretto a farlo. Lo devi fare perché sai che gli altri colleghi lo faranno”.
Insomma, non c’è via d’uscita?
“No, c’è. Ma bisogna fare una riflessione che porta a un ulteriore passaggio: che cosa deve viaggiare sui social? Io credo tutto perché tutto poi gira nella rete. Poi devi però capire che cosa può diventare il valore aggiunto sulla tua testata al di là della notizia twittata in 140 caratteri.”
Ultima domanda. Le sacre regole della professione, privacy, tutela dei minori, diffamazione, si rispettano ancora lavorando coi social?
“Credo che dipenda molto dalla tua formazione. Se sei abituato ad essere corretto professionalmente, perché sei cresciuto in una testata corretta, lo sei spontaneamente anche coi social. Io comunque, soprattutto per la privacy, ho una mia regola aurea: non twittare niente che non diresti in microfono alla radio. La diretta pone limiti più stringenti. Mi faccio una specie di rapido esame di coscienza: questa cosa la darei in diretta? Se mi rispondo di no, allora non twitto. E tanti saluti a tutti i dubbi".