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La rivoluzione dei 140 caratteri. La satira ai tempi dei social

13/04/2015
Sotto a  chi tocca. Questa volta alla satira.  Che i social network siano entrati con forza nel mondo della comunicazione, e quindi del giornalismo, è cosa appurata. Lo si nota nei settori più tradizionali, come la politica, gli esteri, la cronaca, lo sport , dove ignorare i social vuol dire uscire dal flusso continuo delle informazioni. E lo si è visto anche in altri comparti, meno prevedibili. Pensate a chi lavora negli uffici stampa o nel foto giornalismo.
Colpisce di più  che l’onda dei social abbia anche cambiato il mondo della satira, un mondo che nelle sue varie articolazioni (inserti, rubriche scritte e disegnate, programmi radiotelevisivi) è sempre stato orgogliosamente di nicchia, (Charlie Hebdo a parte) e comunque di sponda  all’informazione classica. 
Ne parliamo con Lia Celi, una collega che di satira se ne intende. Da anni infatti è un punto di riferimento nel settore. Prima al glorioso settimanale satirico “Cuore” di Michele Serra, e poi, oltre che nei suoi libri, anche nel web dove è sempre molto attiva. 
Allora Lia, l'arrivo  dei social quanto ha cambiato la satira?
"Come schemi, poco. La svolta decisiva nel web è arrivata con “Spinoza”, grande scuola per gli scrittori di satira,  una scuola che con battute meravigliose ha applicato  e portato alla massima espressione quell’umorismo tagliente, amaro, distruttivo introdotto da Luttazzi".
Una crescita o un limite? 
“Il limite è che attraverso i social ha trionfato la satira di battuta rispetto a quella più ragionata di  Cuore e di Tango la cui  tradizione veniva  addirittura da Fortebraccio, il celebre corsivista dell’Unità degli anni Settanta. Quello era un umorismo più ragionato, più leggibile e godibile. Ma io sono di parte avendo lavorato a Cuore di cui tutti ricordano soprattutto i titoli...”
A proposito, puoi citarne qualcuno per ricordarne lo stile?
“Beh, il titolo indimenticabile è: 'Scatta l’ora legale, panico tra i socialisti!'.  Oppure: 'Sanremo, scandaloso verdetto: tutti assolti!” 
Questo era il passato, ma adesso coi social?
“Adesso c’è la sniffata di satira, la battuta, che è un commento sulla notizia, anzi una mezza battuta.  Ora il lavoro di satira coi social consiste nel lavorare sull’ attualità partendo da un titolo di giornale, usato come una spalla. Ricordate come faceva Campanini? Ecco quel ruolo di spalla ora viene interpretato dal giornale, o dalla notizia proposta seriamente. A quel punto, stravolgendo il titolo, arriva la seconda parte della battuta. E’ una specie di rampicante, bellissimo, ma innestato sul tronco solido di una notizia reale. Un bell’esercizio, insomma...”
Non ti convince del tutto?
“No, può essere anche una battuta meravigliosa, ma non vive di vita propria. Non va più in là. Prima,  dietro l’esplosione di un titolo, c’era sempre un lavoro collettivo, più elaborato...”
Poi coi social non ci si ferma mai... Non è così?
"Sì, è un flusso di satira che lavora sul  flusso continuo delle notizie. Una volta avevamo l’appuntamento coi notiziari radio e i telegiornali , che scandivano l’emissione della satira secondo il ritmo dei quotidiani. Adesso non smonti mai perché il web è sempre in attività...”
Meglio adesso o prima?
“Io ho lavorato a Cuore che era un settimanale, Anche Charlie Hebdo era un settimanale: l’agguato è avvenuto nell’ora della riunione di redazione  in cui si decidono i temi e  il titolo per la settimana successiva. Sono ritmi adesso impensabili, fanno parte di un modo di fare giornali che viene da lontano, di un’altra epoca....”
Ma è più complesso fare satira adesso?
“Io mi  adatto, sono curiosa del nuovo, e mi ritengo fortunata di portare in questo nuovo mondo le mie vecchie competenze che erano di un’altra stagione della satira. Anzi, rimpiango di non essere abbastanza brava nelle immagini, perché un altro aspetto eclatante nella satira sul web è il lavoro sui filmati: ci sono lavori di ridoppiaggio  e di aggiunta di sovrimpressioni sulla foto che vengono poi diffuse dai giornali  in modo virale, che hanno più creatività delle battute".
Ma ti rubano il mestiere?
“Io per natura mi sento vicina ai dilettanti, anche perché ormai vengo pagata per altri lavori.  Ma sono ancora innamorata dopo tanti anni del mio mestiere e capisco come un ragazzo, o un dilettante, rimanga incantato in questo magia che trasforma un fatto di cronaca in qualcosa che fa ridere...”
Una sorta di fai-da-te della satira?
“Sì, è così, con una controindicazione: che questo flusso continuo impedisce la riflessione, diventa un specie di “divisionismo”, fatto di tante battute in continua sequenza. Una volta il quadro della realtà lo avevi  leggendo il pezzo di Michele Serra, che ti dava il tono e riassumeva la cosa più importante della settimana.  Ora invece, per far emergere la cosa più importante,  bisogna raccoglie tutte le battute  mettendole una dopo l’altra. E più dispersivo”.
E’ cambiato anche il mondo circostante?
“Totalmente. La satira,fino a pochi anni fa, era quella classica contro il potere. Con il politico trombone  preso per fondelli dal satiro e dal pubblico. Ora non c’è più il potere di una volta. E tutto sfilacciato, e anche la satira rispecchia lo sfilacciamento.  Non c’è più la  voce che rispecchia il pensiero del popolo come succedeva con i grandi partiti. La realtà è liquida, e così pure la satira...“
Berlusconi? E’ stato l’ultimo grande bersaglio?
"Ma ormai l’abbiamo  troppo saccheggiato. Fino alla nausea.  Il problema è che ora ti dovresti occupare di Renzi che è un potente che sa usare la satira e ti risponde per le rime, che ti manda a quel paese con un’altra battuta tagliente con un tweet... in questo  poi  l’aiuta anche il suo essere toscano. Comunque sopravviveremo anche a lui".