I social sono di moda. Non è solo un gioco di parole. Anche nella moda per chi fa il giornalista (dal free lance al direttore di magazine, dal blogger al fotografo), sfilare sulla passerella dei social è d’obbligo. Per farsi notare e non diventare invisibili. Anche qui c’è di tutto: gossip e notizie, chiacchiere e tendenze, foto splendide e spazzatura.
Numeri importanti e pubblicità nemmeno occulta. Insomma: se il Diavolo veste Prada, quei diavoletti dei social rivestono con le loro tentazioni il nostro modo di lavorare. Che non finisce mai. Sempre connessi, sempre sul pezzo, sempre a sbirciare cosa scrive Tizio sul vestito di Caia, e cosa dice Caia del suo nuovo amore e via twittando.
“Il web ha cambiato completamente la nostra vita”, spiega Paola Bottelli, giornalista di moda del Sole 24 ore e seguita anche per il suo blog Backstage. "Se penso a come si lavorava al giornale, questo di oggi è un altro mondo. Fino a pochi anni fa si arrivava in redazione in tarda mattinata, tranquilli, magari avendo già sfogliato i quotidiani a casa. E chi aveva <chiuso> a tarda sera, ritornava con calma il giorno dopo nel primo pomeriggio. Non che fosse tutto rose e fiori, ma c’erano tempi diversi, più dilatati. Adesso non ti fermi mai: appena ti alzi, anche alle 6 del mattino, subito controlli se c’è qualche notizia da commentare o postare. Da un lato è un bene, perché sei sempre aggiornato, dall’altro siamo tutti un po’ schiavi e molto meno profondi...”
-In che senso?
Nel senso che per stare su tutto perdi di profondità. Stare molto connessi
produce un movimento di social e quindi di interesse. Ma nello stesso tempo c’è il rischio di subirli... Io stessa a volte quando scrivo qualche tweet stupidello mi chiedo: ma cosa sto facendo? D’accordo, la nostra vita è fatta anche di momenti un po’ più giocosi, però è vero che siamo sommersi da informazioni inutili, Ecco perchè dico che i contenuti sono molto importanti anche quando si comunica coi social: perché lo spessore devi darlo sempre, anche quando parli di moda che, a volte, per necessità è un mondo poco profondo”.
-Che regole ti dai?
“Bisogna distinguere: un conto sono le pure e semplici comunicazioni delle aziende. Un altro sono invece quei social che trasmettono informazioni e notizie importanti sul nostro settore. Mi spiego: se un marchio fa girare una foto della famosa attrice sul tappeto rosso all’ingresso degli Oscar spiegando che quel vestito è della stessa azienda, quel marchio fa promozione e pubblicità dando comunque una notizia. Discorso diverso se invece attraverso i social vengono forniti i dati di bilancio, magari appena usciti, delle società quotate aggiungendo un piccolo commento, un ‘esca, per creare un certo dibattito sull’argomento”
-Quindi il giornalista, anche sui social, deve offrire un valore aggiunto, non essere un veicolo di notizie altrui.... E’ così?
“Sì è così, altrimenti diventiamo qualcos’altro. Ci snaturiamo. Bisogna saper filtrare, scremare. E poi aggiungere qualcosa in più: la propria opinione, un lavoro di banchmarking, di confronto sistematico di come lavorano le aziende. Se una azienda annuncia che i suoi ricavi sono in crescita, bisogna verificare di quanto è in crescita rispetto al settore: perché se dice che cresce cinque, ma la media del settore è dieci, chiaramente la crescita di quella azienda è bassa. Insomma, come diceva San Tommaso, bisogna mettere il naso, fare delle valutazioni anche critiche, soprattutto se rappresenti un importante strumento di informazione. Certo, puoi dare noia. Ma questo fa parte del nostro mestiere. Il discorso cambia se devi esprimerti sul pantalone a zampa di elefante, in quel caso l’apporto di valore aggiunto può essere meno significativo. Devi però mantenere un occhio distaccato, non fare solo da cassa di risonanza..."
- Che tipo di social usi?
Io uso tutto.....a partire dal blog che tengo da anni e che ha una sua ottima dignità numerica ma anche qualitativa. M ha fatto piacere che una certa Chiara, che non conosco, abbia scritto che leggere i commenti del blog di Paola Botteli è come partecipare a un master di amministrazione alla Bocconi. Molto carina. In realtà in qui giorni il dibattito era particolarmente alto. Io comunque non modero il blog, ho solo cercato di abituare tutti a usare un comportamento civile, a spiegarsi senza parolacce, in modo onesto e trasparente”
E gli altri social?
“Beh, Instagram lo utilizzo per la parte delle immagini. Per la moda è ovvio le foto sono importanti. Comunque mi piacciono le foto dei paesaggi. Un bel tappeto di foglie, un tramonto, il sole che rosseggia il bosco.”
-Facebook?
“Facebook l’ho ripreso in mano di recente. Gli utenti sono diversi anche se ogni tanto si sovrappongono. Interessano in modo differente. Su Twitter devi essere tremendamente sintetico, su Fb ti puoi invece dilungare, ma molti parlano dei fatti loro, di strisce pedonali che non ci sono più, di problemi del condominio....
Mi sono anche registrata su Snapchat e su Wechat: sono dei micro video che restano online solo 24 ore. Ammetto, mi sono registrata ma sono ancora un po’ arrugginita... Però mi riprometto di migliorare...”
Bene, hai toccato un tasto delicato, quello dei giornalisti non nati digitali.... Si stanno tutti aggiornando?
“Diciamo la verità: chi è nativo digitale è in vantaggio. Quelli più anziani di me, io ho 56 anni, sono tagliati fuori. A volte con orrore dicono: <Oh, no, i social!> Li capisco perché se un collega sta uscendo dalla professione, è difficile che stia sui social. Gli altri colleghi invece devono aggiornarsi per forza. Se non lo fanno, perdono delle occasioni”.
-Come la metti con le sacre regole della professione? Coi social sbandare è un attimo. O no?
“Sì, c’è questo rischio. Lavorando a tambur battente, appena ti arriva una notizia, tendi subito a buttarla in rete. A volte senza l’opportuna verifica. Chi è abituato a lavorare di fino, di analisi, con tabelle e numeri, fa fatica a seguire tutti i cinguettii. Meglio farlo in modo diverso, controllare, e poi magari esprimersi. Perdi in tempestività, ma guadagni in autorevolezza...”
-E il gossip?
“La gran parte del mondo della moda che sta sui social lo fa per parlare di vestiti. Come era vestita Kim Kardashan? Era con il marito e la bambina? E come era pettinata? La moda mi piace per i suoi risvolti industriali e artigianali, ma i marchi amano comunicare i loro prodotti: dà un riscontro maggiore in termini di visibilità. Chi sta su Instagram non è interessato a sapere se il tal marchio sta bene o va male in borsa. Ma vuole sapere tutto sul vestito di Kim Kardashian...”
- Concludendo: meglio adesso o prima?
“Parlo per me. Meglio adesso. E’ tutto molto più dinamico. Certo si tratta di selezionare, non ti puoi occupare di tutto. Puoi selezionare gli argomenti che vuoi trattare, puoi metterci due- tre contributi a seconda di come gira la giornata. Questo sarà il tuo valore aggiunto. Chi ti segue, e desidera confrontarsi, ti cerca perché sa che troverà un certo tipo di qualità. Lo svantaggio, come si diceva prima, è che si lavora all’infinito. Ma è inutile rimpiangere il passato: bisogna prendere il meglio presente. Che corre velocissimo. Pazienza, correremo anche noi.”